Diario di una quarantena - Giovedì 02/04/2020
Il pane. Il pane è finito. Nel mondo ante quarantena, avevo l'abitudine di comprare il pane al mercato. Una bella forma di pane integrale e semi, fatto con farine di grani recuperati nella notte dei tempi. Se lo mettevo nel frigo, mi durava almeno 5 giorni. Un prodotto misterioso e nutriente al pari del lembas o pan di via, come dir si voglia.
Ho dormito bene e parecchio. Aprile dolce dormire. In un amen son le 9 e mezza. Devo scendere e poi uscire di casa. Ignoro il rito mattutino del krya e con un salto triplo mi posiziono davanti al fornello per scaldare il tè. Preparo i vestiti per il mondo di fuori e tutto il kit di sopravvivenza.
Finito colazione son pronto per uscire. Chiamo Primo e il Capo. Al primo, cioè Primo, devo restituire una scatola di plastica per alimenti. Al secondo, cioè il Capo, non devo nulla, ma lui ha preparato una succulenta torta e me ne vuol donare un pezzo. Così, ispirato dal volgare trecentesco, mi dirigo fuora.
Prima passo da Primo, ovviamente. Lascio la scatoletta di plastica sul portone di ingresso. Zero rischio di contaminazione. Arrivo in piazza e faccio coda per il pane. La mascherina mi appanna gli occhiali. Intanto sento un'odiosa sensazione di umido che scende dal naso. Sono in coda e non ho voglia di togliermi la mascherina per soffiarmi il naso. Resisto in maniera stoica. Intanto la coda si sfoltisce. E' il mio turno. Entro ed esco in un baleno. Non capisco perchè quelli prima di me erano così lenti. Mentre scendo mi imbatto nel Capo che si dirige anche lui in piazza. Arriva pure Primo. Stiamo a distanza di sicurezza per evitare di figurare come un assembramento. In piazza facciamo una triangolazione. Io do una focaccia al Capo, lui la torta a me e a Primo, Primo si compra un pezzo di focaccia. Non so se è così che funzionano le triangolazioni, ma a me piace lo stesso. Mentre torno a casa vedo un signore dalla finestra che parla col gatto. Il gatto è sul davanzale. Il signore continua a parargli. Lo assilla. Vedo che il gatto si gira verso il padrone e poi guarda giù. Lo fa due o tre volte di seguito. La zampina è sul davanzale. Son sicuro che voglia suicidarsi. Lo capisco. Se il suo padrone lo assilla così h24, 7 giorni su 7 durante la quarantena, si sarà suicidato almeno sei volte e ora è alla settima. Non ne può più. Tiro dritto, non me ne curo troppo, ho già i miei problemi. Fa freddino e le mani mi si congelano e assumono la forma di un becco d'anatra.
Rientro in casa e inizio la lunga procedura di svestizione e disinfezione. Quando finisco è già ora di pranzo. Mangio guardando un webinar. Tra webinar, due blog, smart working e disinfezione della casa son più impegnato di prima. Intanto esce il sole e scalda pure un po'. Son quasi le quattro del pomeriggio e i cuscini della camera sono ancora fuori dal balcone. Li tocco son caldi come una bistecca. Li rigiro dall'altra per farli cuocere omogeneamente. Rientro in casa e lavoro al computer. Arrivano le cinque e ho ancora il letto da fare. Così esco sul balcone. Prendo i cuscini. Mi giro e vedo il ciliegio selvatico in fiore. Spettacolo. Ovunque, fuori, è primavera. Bella, sontuosa, si presenta con prepotenza. La natura è così,anche se tutta l'umanità è ferma, lei se ne fotte. Procede lenta e inesorabile come ha fatto per millenni. Ma è cinica. Mors tua, vita mea. Ma è perfetta così. E' solo la nostra mente che si arrabatta a distinguere il buono dal cattivo, il giusto dallo sbagliato. La natura mica lo fa. Comunque, bella o brutta che sia la natura, è già sera e io ho ancora il letto da fare. Lezione del giorno: "Pure il tempo se ne fotte e procede inesorabile".
Ho dormito bene e parecchio. Aprile dolce dormire. In un amen son le 9 e mezza. Devo scendere e poi uscire di casa. Ignoro il rito mattutino del krya e con un salto triplo mi posiziono davanti al fornello per scaldare il tè. Preparo i vestiti per il mondo di fuori e tutto il kit di sopravvivenza.
Finito colazione son pronto per uscire. Chiamo Primo e il Capo. Al primo, cioè Primo, devo restituire una scatola di plastica per alimenti. Al secondo, cioè il Capo, non devo nulla, ma lui ha preparato una succulenta torta e me ne vuol donare un pezzo. Così, ispirato dal volgare trecentesco, mi dirigo fuora.
Prima passo da Primo, ovviamente. Lascio la scatoletta di plastica sul portone di ingresso. Zero rischio di contaminazione. Arrivo in piazza e faccio coda per il pane. La mascherina mi appanna gli occhiali. Intanto sento un'odiosa sensazione di umido che scende dal naso. Sono in coda e non ho voglia di togliermi la mascherina per soffiarmi il naso. Resisto in maniera stoica. Intanto la coda si sfoltisce. E' il mio turno. Entro ed esco in un baleno. Non capisco perchè quelli prima di me erano così lenti. Mentre scendo mi imbatto nel Capo che si dirige anche lui in piazza. Arriva pure Primo. Stiamo a distanza di sicurezza per evitare di figurare come un assembramento. In piazza facciamo una triangolazione. Io do una focaccia al Capo, lui la torta a me e a Primo, Primo si compra un pezzo di focaccia. Non so se è così che funzionano le triangolazioni, ma a me piace lo stesso. Mentre torno a casa vedo un signore dalla finestra che parla col gatto. Il gatto è sul davanzale. Il signore continua a parargli. Lo assilla. Vedo che il gatto si gira verso il padrone e poi guarda giù. Lo fa due o tre volte di seguito. La zampina è sul davanzale. Son sicuro che voglia suicidarsi. Lo capisco. Se il suo padrone lo assilla così h24, 7 giorni su 7 durante la quarantena, si sarà suicidato almeno sei volte e ora è alla settima. Non ne può più. Tiro dritto, non me ne curo troppo, ho già i miei problemi. Fa freddino e le mani mi si congelano e assumono la forma di un becco d'anatra.
Rientro in casa e inizio la lunga procedura di svestizione e disinfezione. Quando finisco è già ora di pranzo. Mangio guardando un webinar. Tra webinar, due blog, smart working e disinfezione della casa son più impegnato di prima. Intanto esce il sole e scalda pure un po'. Son quasi le quattro del pomeriggio e i cuscini della camera sono ancora fuori dal balcone. Li tocco son caldi come una bistecca. Li rigiro dall'altra per farli cuocere omogeneamente. Rientro in casa e lavoro al computer. Arrivano le cinque e ho ancora il letto da fare. Così esco sul balcone. Prendo i cuscini. Mi giro e vedo il ciliegio selvatico in fiore. Spettacolo. Ovunque, fuori, è primavera. Bella, sontuosa, si presenta con prepotenza. La natura è così,anche se tutta l'umanità è ferma, lei se ne fotte. Procede lenta e inesorabile come ha fatto per millenni. Ma è cinica. Mors tua, vita mea. Ma è perfetta così. E' solo la nostra mente che si arrabatta a distinguere il buono dal cattivo, il giusto dallo sbagliato. La natura mica lo fa. Comunque, bella o brutta che sia la natura, è già sera e io ho ancora il letto da fare. Lezione del giorno: "Pure il tempo se ne fotte e procede inesorabile".
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