Diario di una quarantena - Venerdì 03/04/2020

Oggi non so più che giorno è. Venerdì. Ah caspita Venerdì. Nel mondo ante quarantena (A.Q.) era il giorno in cui scivolavo dolcemente nel week end. Finché ero ventenne, il week end era dedicato al cazzeggio e il Venerdì era il momento in cui rilasciavo tutte le tensioni accumulate nella settimana. Nei trenta son cambiate le logiche. Il week end è diventato il momento per fare quello che non riuscivo a fare in settimana. Pulizie, corso di inglese, scrivere post del mio blog,controllare la dichiarazione dei redditi, leggere libri. Se poi trovavo un ritaglio di tempo ci usciva fuori una pennichella o una passeggiata in mezzo al verde. Il tempo da dedicare a me stesso si è ristretto pian piano nel corso degli anni, e pensare che non ho figli o una moglie. Lì sì che sarebbero stati guai.




Oggi è diverso. Non mi rendo nemmeno più conto che è Venerdì. Il mix di webinar, smart working e attività da blogger sta riempiendo le mie giornate. Una sequenza ordinata di attività diverse. Un fluido inarrestabile e io ne sono risucchiato. Sono talmente avvolto da questo fluido che qualsiasi cosa che arriva dal mondo esterno viene rimbalzata fuori.
Ieri ad esempio mi è arrivata una mascherina che ho ordinato on-line. Sono uno di quei fessi che ha comprato la mascherina in preda al panico. Era il 10 marzo e non riuscivo a trovare nulla in rete. La volevo lavabile. Ne ho trovato una in Spagna. Mentre pagavo ero perfettamente consapevole dell'inculata. Ripetevo a me stesso "che fesso che sono, che fesso". Dopo venti giorni è arrivata.
Ieri non l'ho ritirata subito. Andarla a prendere nella buca significava igienizzare il pacchetto, le mani e gli oggetti coinvolti. Avrebbe rovinato il fluido. L'ho lasciata nella buca tutto il giorno. Questa mattina pure. Avrebbe rovinato il fluido. Al pomeriggio mi son deciso. Prendo il pacchetto. Lo apro. Dentro c'è una bustina sottile sottile in tessuto sintetico. Talmente sottile che credo di aver pagato solo per la bustina. La mascherina invece c'è. E' talmente minuta e sottile che Belen Rodriguez potrebbe usarla come perizoma. Invece io la dovrei indossare in faccia. Ironia della sorte. Come vedo la mascherina penso: "son proprio fesso" e ho pure aspettato 20 giorni per averne conferma. Comunque ho una missione da compiere. Mi lavo le mani. Faccio bollire l'acqua. Immergo l'oggetto alieno che fa strani versi. Lavo le mani. Prendo la candeggina shakerata con acqua e disinfetto tutto quello che ho toccato.




Son le due e un quarto e io ho un webinar alle due e mezza. Lascio a mollo la mascherina nell'acqua incandescente. Fuma come se fosse l'inferno. Vado al computer e seguo una lezione molto interessante. Vedo un paio di amici del lavoro. Uno con la mascherina, come se la webcam del relatore potesse veicolare il virus. In Italia è così. Tutto fa scena.
Torno al lavoro. Chiamo un po' di clienti. La frase più diffusa è "bene ho la salute". Per mezz'ora discuto del prezzo di una macchina con un cliente. Nel mondo ante quarantena (A.Q.) avrei liquidato prima la telefonata. Non avrei avuto il tempo per discutere su alcune inezie. Oggi no. Mi godo le sue obiezioni. Non è solo curioso, si prende la briga di contrattare. Da valore al mio lavoro. Alla fine anche se non comprasse nulla, mi sta bene così. 
Finisco di lavorare e i webinar son finiti. Domani nessun impegno con le webcam. Oggi è la prima volta dall'inizio della quarantena che scivolo dolcemente nel week end.

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